una visione molto lucida e rispettabile ..
Inviato: 24 apr 2009, 10:29
è una mail che m'è arrivata oggi e non posso far altro che comprendere..
purtroppo :(
"MA IO PER IL TERREMOTO NON DO NEMMENO UN EURO..."
di Giacomo Di Girolamo
Scusate, ma io non darò neanche un centesimo di euro a favore di chi
raccoglie fondi per le popolazioni terremotate in Abruzzo. So che la
mia
suona come una bestemmia. E che di solito si sbandiera il contrario,
senza
il pudore che la carità richiede. Ma io ho deciso. Non telefonerò a
nessun
numero che mi sottrarrà due euro dal mio conto telefonico, non manderò
nessun sms al costo di un euro. Non partiranno bonifici, né versamenti
alle poste. Non ho posti letto da offrire, case al mare da destinare a
famigliole bisognose, né vecchi vestiti, peraltro ormai passati di moda.
Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei
calciatori,
alle testimonianze dei politici, al pianto in diretta del premier. Non mi
hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette no - stop, le
scritte in sovrimpressione durante gli show della sera. Non do un euro. E
credo
che questo sia il più grande gesto di civiltà, che in questo momento, da
italiano, io possa fare.
Non do un euro perché è la beneficienza che rovina questo Paese, lo
stereotipo dell'italiano generoso, del popolo pasticcione che ne
combina
di cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con questi slanci
nei momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio
che si perdoni più nulla. La generosità, purtroppo, la beneficienza, fa da
pretesto. Siamo ancora lì, fermi sull'orlo del pozzo di Alfredino, a
vedere come va a finire, stringendoci l'uno con l'altro. Soffriamo (e
offriamo)
una compassione autentica. Ma non ci siamo mossi di un centimetro. Eppure
penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute. I pozzi coperti.
Le responsabilità accertate. I danni riparati in poco tempo. Non
do una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in queste tasse ci
sono già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti, per la
protezione
civile. Che vengono sempre spesi per fare altro. E quindi ogni volta la
Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E io dico no. Si rivolgano
invece ai tanti eccellenti evasori che attraversano l'economia del nostro
Paese. E nelle mie tasse c'è previsto anche il pagamento di tribunali che
dovrebbero accertare chi specula sulla sicurezza degli edifici, e
dovrebbero farlo prima che succedano le catastrofi. Con le mie tasse pago
anche una
classe politica, tutta, ad ogni livello, che non riesce a fare nulla, ma
proprio nulla, che non sia passerella.
C'è andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a
visitare i posti terremotati. In un viaggio pagato - come tutti gli altri
- da noi contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n'era proprio bisogno? Avrei
potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha parlato di
"new town"
e io ho pensato a Milano 2 , al lago dei cigni, e al neologismo: "new town".
Dove l'ha preso? Dove l'ha letto? Da quanto tempo l'aveva in mente? Il
tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio, ma tutto deve
essere masticato, riprodotto, ad uso e consumo degli spettatori. Ecco come
nasce "new town". E' un brand. Come la gomma del ponte.
Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura
Schifani, nei posti del terremoto. Il Presidente del Senato dice che "in
questo momento serve l'unità di tutta la politica". Evviva. Ma io non sto
con voi, perché io non sono come voi, io lavoro, non campo di politica,
alle spalle della comunità. E poi mentre voi, voi tutti, avete
responsabilità
su quello che è successo, perché governate con diverse forme - da
generazioni
- gli italiani e il suolo che calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io
sono per la giustizia. Voi siete per una solidarietà che copra le
amnesie
di una giustizia che non c'è.
Io non lo do, l'euro. Perché mi sono ricordato che mia madre, che ha
servito lo Stato 40 anni, prende di pensione in un anno quasi quanto
Schifani guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire questo euro?
Per compensare cosa? A proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo
sentirono eccome quel terremoto. E diedero un po' dei loro risparmi alle
popolazioni
terremotate.
Poi ci fu l'Irpinia. E anche lì i miei fecero il bravo e simbolico
versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione. E sappiamo
tutti come è andata. Dopo l'Irpinia ci fu l'Umbria, e San Giuliano, e di
fronte
lo strazio della scuola caduta sui bambini non puoi restare
indifferente.
Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre
come prima? Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere bene
un euro: comprando un giornale scritto da bravi giornalisti) che una delle
scuole crollate a L'Aquila in realtà era un albergo, che un tratto di
penna di un funzionario compiacente aveva trasformato in edificio
scolastico,
nonostante non ci fossero assolutamente i minimi requisiti di sicurezza
per farlo.
Ecco, nella nostra città, Marsala, c'è una scuola, la più popolosa,
l'Istituto Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che è un
albergo trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza rispettato, un
edificio di cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha speso quasi 7
milioni
di euro d'affitto fino ad ora, per quella scuola, dove - per dirne una -
nella palestra lo scorso Ottobre è caduto con lo scirocco (lo scirocco!!
Non il
terremoto! Lo scirocco! C'è una scala Mercalli per lo scirocco? O ce la
dobbiamo inventare?) il controsoffitto in amianto.
Ecco, in quei milioni di euro c'è, annegato, con gli altri, anche l'euro
della mia vergogna per una classe politica che non sa decidere nulla, se
non come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per tornaconto. Stavo
per
digitarlo, l'sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno sottolineato
gli eccezionali ascolti del giorno prima durante la diretta sul
terremoto. E
siccome quel servizio pubblico lo pago io, con il canone, ho capito che
già era qualcosa se non chiedevo il rimborso del canone per quella
bestialità
che avevano detto.
Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se qualcosa
succede a me. Voglio solo uno Stato efficiente, dove non comandino i
furbi. E siccome so già che così non sarà, penso anche che il terremoto è
il
gratta e vinci di chi fa politica. Ora tutti hanno l'alibi per non parlare
d'altro, ora nessuno potrà criticare il governo o la maggioranza (tutta,
anche
quella che sta all'opposizione) perché c'è il terremoto. Come l'11
Settembre, il
terremoto e l'Abruzzo saranno il paravento per giustificare tutto. Ci sono
migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno. Se solo
volesse davvero, lo Stato saprebbe come risparmiare per aiutare gli
sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un anno, o quelli dei
super manager, accorpando le prossime elezioni europee al referendum. Sono
le prime cose che mi vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi
monta sempre più rabbia.
Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia rabbia, il
mio sdegno. Perché rivendico in questi giorni difficili il mio
diritto di
italiano di avere una casa sicura. E mi nasce un rabbia dentro che
diventa
pianto, quando sento dire "in Giappone non sarebbe successo", come se i
giapponesi hanno scoperto una cosa nuova, come se il know - how del Sol
Levante fosse solo un' esclusiva loro. Ogni studente di ingegneria
fresco
di laurea sa come si fanno le costruzioni. Glielo fanno dimenticare all'atto
pratico.
E io piango di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel
frastuono della televisione non c'è neanche un poeta grande come
Pasolini
a dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli ultimi. Li hanno
uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno fatti morire di
noia.
Ma io, qui, oggi, mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il
diritto di dire quello che penso. Come la natura quando muove la terra,
d'altronde.
Giacomo Di Girolamo
purtroppo :(
"MA IO PER IL TERREMOTO NON DO NEMMENO UN EURO..."
di Giacomo Di Girolamo
Scusate, ma io non darò neanche un centesimo di euro a favore di chi
raccoglie fondi per le popolazioni terremotate in Abruzzo. So che la
mia
suona come una bestemmia. E che di solito si sbandiera il contrario,
senza
il pudore che la carità richiede. Ma io ho deciso. Non telefonerò a
nessun
numero che mi sottrarrà due euro dal mio conto telefonico, non manderò
nessun sms al costo di un euro. Non partiranno bonifici, né versamenti
alle poste. Non ho posti letto da offrire, case al mare da destinare a
famigliole bisognose, né vecchi vestiti, peraltro ormai passati di moda.
Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei
calciatori,
alle testimonianze dei politici, al pianto in diretta del premier. Non mi
hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette no - stop, le
scritte in sovrimpressione durante gli show della sera. Non do un euro. E
credo
che questo sia il più grande gesto di civiltà, che in questo momento, da
italiano, io possa fare.
Non do un euro perché è la beneficienza che rovina questo Paese, lo
stereotipo dell'italiano generoso, del popolo pasticcione che ne
combina
di cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con questi slanci
nei momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio
che si perdoni più nulla. La generosità, purtroppo, la beneficienza, fa da
pretesto. Siamo ancora lì, fermi sull'orlo del pozzo di Alfredino, a
vedere come va a finire, stringendoci l'uno con l'altro. Soffriamo (e
offriamo)
una compassione autentica. Ma non ci siamo mossi di un centimetro. Eppure
penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute. I pozzi coperti.
Le responsabilità accertate. I danni riparati in poco tempo. Non
do una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in queste tasse ci
sono già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti, per la
protezione
civile. Che vengono sempre spesi per fare altro. E quindi ogni volta la
Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E io dico no. Si rivolgano
invece ai tanti eccellenti evasori che attraversano l'economia del nostro
Paese. E nelle mie tasse c'è previsto anche il pagamento di tribunali che
dovrebbero accertare chi specula sulla sicurezza degli edifici, e
dovrebbero farlo prima che succedano le catastrofi. Con le mie tasse pago
anche una
classe politica, tutta, ad ogni livello, che non riesce a fare nulla, ma
proprio nulla, che non sia passerella.
C'è andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a
visitare i posti terremotati. In un viaggio pagato - come tutti gli altri
- da noi contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n'era proprio bisogno? Avrei
potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha parlato di
"new town"
e io ho pensato a Milano 2 , al lago dei cigni, e al neologismo: "new town".
Dove l'ha preso? Dove l'ha letto? Da quanto tempo l'aveva in mente? Il
tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio, ma tutto deve
essere masticato, riprodotto, ad uso e consumo degli spettatori. Ecco come
nasce "new town". E' un brand. Come la gomma del ponte.
Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura
Schifani, nei posti del terremoto. Il Presidente del Senato dice che "in
questo momento serve l'unità di tutta la politica". Evviva. Ma io non sto
con voi, perché io non sono come voi, io lavoro, non campo di politica,
alle spalle della comunità. E poi mentre voi, voi tutti, avete
responsabilità
su quello che è successo, perché governate con diverse forme - da
generazioni
- gli italiani e il suolo che calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io
sono per la giustizia. Voi siete per una solidarietà che copra le
amnesie
di una giustizia che non c'è.
Io non lo do, l'euro. Perché mi sono ricordato che mia madre, che ha
servito lo Stato 40 anni, prende di pensione in un anno quasi quanto
Schifani guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire questo euro?
Per compensare cosa? A proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo
sentirono eccome quel terremoto. E diedero un po' dei loro risparmi alle
popolazioni
terremotate.
Poi ci fu l'Irpinia. E anche lì i miei fecero il bravo e simbolico
versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione. E sappiamo
tutti come è andata. Dopo l'Irpinia ci fu l'Umbria, e San Giuliano, e di
fronte
lo strazio della scuola caduta sui bambini non puoi restare
indifferente.
Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre
come prima? Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere bene
un euro: comprando un giornale scritto da bravi giornalisti) che una delle
scuole crollate a L'Aquila in realtà era un albergo, che un tratto di
penna di un funzionario compiacente aveva trasformato in edificio
scolastico,
nonostante non ci fossero assolutamente i minimi requisiti di sicurezza
per farlo.
Ecco, nella nostra città, Marsala, c'è una scuola, la più popolosa,
l'Istituto Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che è un
albergo trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza rispettato, un
edificio di cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha speso quasi 7
milioni
di euro d'affitto fino ad ora, per quella scuola, dove - per dirne una -
nella palestra lo scorso Ottobre è caduto con lo scirocco (lo scirocco!!
Non il
terremoto! Lo scirocco! C'è una scala Mercalli per lo scirocco? O ce la
dobbiamo inventare?) il controsoffitto in amianto.
Ecco, in quei milioni di euro c'è, annegato, con gli altri, anche l'euro
della mia vergogna per una classe politica che non sa decidere nulla, se
non come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per tornaconto. Stavo
per
digitarlo, l'sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno sottolineato
gli eccezionali ascolti del giorno prima durante la diretta sul
terremoto. E
siccome quel servizio pubblico lo pago io, con il canone, ho capito che
già era qualcosa se non chiedevo il rimborso del canone per quella
bestialità
che avevano detto.
Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se qualcosa
succede a me. Voglio solo uno Stato efficiente, dove non comandino i
furbi. E siccome so già che così non sarà, penso anche che il terremoto è
il
gratta e vinci di chi fa politica. Ora tutti hanno l'alibi per non parlare
d'altro, ora nessuno potrà criticare il governo o la maggioranza (tutta,
anche
quella che sta all'opposizione) perché c'è il terremoto. Come l'11
Settembre, il
terremoto e l'Abruzzo saranno il paravento per giustificare tutto. Ci sono
migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno. Se solo
volesse davvero, lo Stato saprebbe come risparmiare per aiutare gli
sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un anno, o quelli dei
super manager, accorpando le prossime elezioni europee al referendum. Sono
le prime cose che mi vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi
monta sempre più rabbia.
Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia rabbia, il
mio sdegno. Perché rivendico in questi giorni difficili il mio
diritto di
italiano di avere una casa sicura. E mi nasce un rabbia dentro che
diventa
pianto, quando sento dire "in Giappone non sarebbe successo", come se i
giapponesi hanno scoperto una cosa nuova, come se il know - how del Sol
Levante fosse solo un' esclusiva loro. Ogni studente di ingegneria
fresco
di laurea sa come si fanno le costruzioni. Glielo fanno dimenticare all'atto
pratico.
E io piango di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel
frastuono della televisione non c'è neanche un poeta grande come
Pasolini
a dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli ultimi. Li hanno
uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno fatti morire di
noia.
Ma io, qui, oggi, mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il
diritto di dire quello che penso. Come la natura quando muove la terra,
d'altronde.
Giacomo Di Girolamo